lunedì 24 aprile 2017

Il vescovo Corrado: "Cosa offriamo di vero, di bello e di autentico ai giovani?"

È il «duello drammatico tra la morte e la vita, tra il bene e il male, tra la speranza e il nulla» il cuore del messaggio pasquale del vescovo Corrado Sanguineti ai pavesi. Un messaggio che parte dai numerosi «segni di impoverimento della speranza nel nostro quotidiano», segni impressi anche nelle strade della nostra bella Pavia, ma in parte nascosti dalla velocità frenetica delle giornate. Se lo sguardo si aprisse senza filtri resterebbe ferito, perché vedrebbe i graffi che la “globalizzazione dell’indifferenza” sta lasciando sulla città. 
Basterebbe guardare nelle case di riposo, dove testimoni e attori della storia pavese ormai anziani non di rado sono parcheggiati in solitudine, come libri bellissimi che nessuno ha più voglia di leggere. Si potrebbe chiedere ai tanti volontari pavesi, che ogni giorno in vari modi portano sorrisi e compagnia ad anziani, bambini e ammalati di raccontare la grande dignità di queste vite segnate dalla solitudine e dalla sofferenza. Si potrebbe fare una passeggiata in piazza Duomo, piazza Cavagneria, e nelle piccole viuzze dall’impronta longobarda del centro, magari dopo le undici di sera, quando sono costellate di bicchieri e bottiglie rotte. Si scoprirebbe una movida che cerca il divertimento più sfrenato nell’alcool e nel fumo, si riconoscerebbero volti e, forse, si proverebbe paura e preoccupazione: «Che cosa offriamo di vero, di bello e di autentico alla sete di vita che vibra, anche silenziosamente, nel cuore di un adolescente?»

L'omelia del vescovo di Pavoa Corrado Sanguineti per la veglia di Pasqua

Perché non sostare poi davanti alla mensa del povero di Canepanova e alla mensa del fratello di San Mauro? Ecco anziani privati di qualsiasi ruolo nella società, ecco padri separati che hanno perso tutto, ecco poveri per i quali apparentemente non c’è possibilità di riscatto. La speranza, che nasce e si ravviva nella Pasqua, deve renderci capaci di aprire lo sguardo all’universale e di trasformare il particolare. 
Il ricordo del vescovo è anche per la morte dei cristiani in Egitto, in Iraq, in Nigeria, ma :«La morte ha altri volti, più nascosti, o più tollerati e giustificati, nella nostra cultura così povera di ragioni grandi per vivere e per sperare: ha il volto dei milioni di bambini che non sono nati, perché privati della loro vita ancora nel grembo; ha il volto di malati che, schiacciati dalla sofferenza e dalla disperazione, scelgono di farsi togliere una vita, divenuta per loro intollerabile, senza significato; ha il volto di donne, spesso povere, che per soldi prestano il loro grembo per ospitare una creatura che poi dovranno cedere ad altri»
La speranza nasce dalla Pasqua e diventa realtà concreta e operosa, come il grande sorriso di Teofila, Deysi e Marledys, le tre ragazze sudamericane che hanno ricevuto il battesimo durante la veglia pasquale: «Pasqua è davvero la festa della speranza, di una speranza non vana o ingenua, una speranza affidabile, perché da quella mattina è iniziata una nuova storia, una catena di testimoni, dagli apostoli ai santi di ogni tempo: uomini e donne che attestano l’esperienza di una vita impossibile, se Cristo non fosse vivo, se lui non continuasse a farsi incontro e a essere una presenza attiva e operosa, anche dentro le prove e le contraddizioni della storia». 

(Giacomo Bertoni, “la Provincia Pavese”, martedì 18 aprile 2017, anno 148, n. 106, p. 14)

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