mercoledì 19 luglio 2017

L'amico "sentinella" fuori tempo massimo

Tutti noi abbiamo almeno un amico che esercita la facile consuetudine di “sentinella antifascista-antinazista”. Il termine “consuetudine” non vuole dispregiare, indica solo che non è la dedicazione di una vita: prima viene un lavoro lautamente retribuito, poi, nel tempo libero (che è sacro) si combattono fascismo e nazismo. 
Per lui sono fascisti tutti quelli dal centro in poi, in direzione destra ovviamente. Sono fascisti gli anziani che controllano il portafoglio su un autobus affollato, sono fascisti quelli che discutono di immigrazione senza attivare il mantra (è un playback ormai) dell’accoglienza, sono fascisti i proprietari di quella pizzeria che espone la bandiera italiana (il tricolore va esposto solo negli stadi). 


Lui qualche mantra lo ha, il suo profilo facebook ne è costellato: “la prima cosa che insegnerò ai miei figli sarà odiare i fascisti”, “la pace è un sogno possibile”, e così via. Superando il fastidio di essere guardati con sospetto dall’amico in questione quando si controlla il portafoglio su un autobus affollato stile scatola di sardine, fa simpatia vedere cotanta attenzione sul pericolo di una nuova dittatura. A scuola e in università si parla già molto di fascismo e nazismo, però riconoscere come male ciò che è male non fa mai male, quindi melius abundare quam deficere. Diciamolo, vista l’aria che tira è anche rassicurante scoprire di non essere l’unico a preoccuparsi. 


Certo, a volte non ci si trova d’accordo, per esempio quando, parlando dell’utero in affitto, scopri che secondo lui è “un atto d’amore volto a dare un figlio a chi non può averlo”, ma nonostante tutto cerchi di scagionarlo, di salvare l’amicizia. Un po’ di confusione, in fondo, è normale di questi tempi. 
Un giorno però la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo stabilisce che un piccolo bambino di undici mesi, essendo gravemente malato, deve essere ucciso per soffocamento sotto sedazione profonda “per il suo bene”. La sua malattia è, secondo i medici, ad oggi inguaribile. Inguaribile, non incurabile. Il piccolo è vegliato da mamma e papà, che vogliono fare di tutto per salvarlo. Si nutre grazie a un sondino, è aiutato nella respirazione da un ventilatore, ma combatte. Cerca con lo sguardo i suoi genitori, ha il suo peluche preferito (una piccola scimmietta dalla quale non vuole separarsi), e combatte. Il problema qui non è l’accanimento terapeutico: il bambino al momento non sta ricevendo nessuna terapia (quanto tempo prezioso stiamo perdendo!), è solo aiutato nella nutrizione e nella respirazione. Lo aiutano a procurarsi il cibo e l’aria. Il cibo e l’aria.


Non è nemmeno dare false speranze di guarigione: esistono solo protocolli sperimentali, che sì hanno dato risultati positivi in alcuni bambini, ma necessiterebbero di ulteriori sperimentazioni e controlli. Insomma, si potrebbero tentare, ma è una scelta sulla quale i genitori devono esprimersi. C’è però un territorio sul quale nessuno ha il diritto di imperare: la dignità della vita umana. Il criterio secondo il quale qualcuno merita cibo e aria, qualcun altro no. Magari decidendo in base alla sua produttività, alla sua forma fisica, alla sua età, alla sua carnagione, alle sue idee. È già successo nella storia, ci sono stati momenti nei quali alcuni uomini decidevano quali vite fossero degne di essere vissute e quali no. Ma non sono stati bei momenti. 


Allora corri dal tuo amico, la vivace sentinella contro le dittature, e gridi il tuo spavento, il tuo dolore: «Quel bambino è già morto, che vita triste potrebbe fare? - la sorprendente risposta che ricevi - I medici e i giudici sanno benissimo quello che fanno, ovvero un atto di misericordia nei suoi confronti. Sta soffrendo, soffrirà, cosa potrà realizzare nella vita?». 
No. Non è moralismo, non è superiorità morale, non è nemmeno superiorità culturale. Ma l’ideologia fa male alla testa. Prestiamo attenzione ai sintomi: abuso del politicamente corretto, cinismo camuffato da saggezza, elogio del dialogo (teorico), antipatia per la logica e conseguente refrattarietà ai sillogismi. Il cortocircuito etico e sociologico di fronte all’attualità ne conferma la diagnosi.
La fortuna del nostro amico è che noi, anche davanti all’ideologia più malata, vediamo pur sempre una persona. E a lei restiamo accanto.

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